giovedì 17 marzo 2022

Lettere Oscene A Suor Sabrina (1)



1

Salve, tempo fa ho iniziato una corrispondenza con una suora di un convento in Lombardia. Non posso fornire ulteriori dettagli perché intendo proteggere la sua identità. Ho però pensato di riportare stralci della nostra corrispondenza perché voglio far capire che noi preti e le suore siamo persone che possono provare e nutrire desideri, pulsioni e istinti carnali e peccaminosi come tutti gli altri.

Cara suor Sabrina,
seguo gli esercizi spirituali con i miei confratelli ma non faccio che pensare a te.
Ho voglia di alzarti la veste e leccarti tra le cosce, poi nel solco del culo.
Voglio slinguarti nel buco del culo e nella fica fino a farti godere e sentirti gemere, ansimare e far risuonare il tuo godimento dalla tua piccola e umile cella a tutto il convento.
Tu amore succhiami il cazzo per bene dai... Leccamelo e succhialo. Bagnamelo per bene con la tua saliva così poi te lo ficchi nel buco del culo e cavalchi su di me. Uhmmmm sì, dai, così, mia bella e porca sorella, ti voglio sfondare il culo amore mio!
Suor Sabrina, amore mio, scrivimi una lettera e dimmi che vuoi il mio cazzone nel culo. Dimmi che vuoi essere inculata da me, dal tuo prete osceno!
Tuo don M.

Caro don M.,
mio Dio, cosa mi hai fatto? Mi hai fatto perdere la testa! Se mi vedessi ora... ho le guance arrossate dalla vergogna ma, allo stesso tempo, ho la fica in fiamme dal desiderio!
Oh Dio mio, Dio mio... cosa mi hai fatto diventare? Una cagna vogliosa, una cagna in calore anzi una maiala in calore che brama il tuo cazzo famelico! Un po' mi vergogno quando tutti, comprese le mie consorelle, mi considerano una serva del Signore e invece io mi sento una serva del tuo cazzo, del tuo bel cazzo duro e nodoso.
Ora eseguo il tuo ordine: bagno questa lettera con i miei umori osceni e peccaminosi, così potrai annusare e leccare il foglio.
Ti bacio, lì...
Tua sorella nella Fede (e serva del tuo cazzo),
Sabrina G.

Mia cara, amata Sabrina G., sorella nel Signore. Voglio poterti toccare, voglio baciarti dappertutto. 
Ti voglio nuda... Tutta nuda. Spogliati ora, sola nella tua celletta. Spogliati, levati la veste da suora, lasciala cadere a terra. Resta nuda, con le tette e la potta di fuori, e immaginami lì con te.
Ora voglio leccarti tutta... Voglio leccarti la fronte e le guance... Voglio leccarti le labbra.... E poi scendere sempre di più, leccandoti sul collo e sul petto. 
Sì, voglio leccarti il petto mentre lo sento sollevarsi e abbassarsi per il tuo ansare eccitata. Che buon sapore ha la tua pelle di suora, candida e profumata. Che bello leccarti ora le tette. Le tue tette grosse e pesanti.
Che bello affondare la faccia nel morbido delle tue favolose, grosse grasse tette e leccartele, succhiarti i capezzoloni enormi, duri e carnosi! 
Uhm, li voglio acchiappare e succhiare con appetito, come un poppante che si attacca a quelle della madre e poppa famelico! Voglio sentire i tuoi capezzoli ingrossarsi e indurirsi nella mia bocca per l'eccitazione. Ti piace sentirti succhiare i capezzoli eh, mia bella e porca suora? 
Tuo don M.


Cara suor Sabrina,
ti desidero sempre più! Uhmm sapessi che cazzo duro che ho... 
Oh, se potessi sentire ora come si fa duro il mio cazzo mentre immagino di averti davanti, tutta nuda e poterti leccare dalla testa ai piedi. Immagino che ti chiudi nella tua cella, in compagnia solo del crocifisso di legno appeso al muro, e ti lasci scendere di dosso la tunica che lentamente ti scopre le grosse e morbide tette dalle areole brune e i capezzoli carnosi, poi ti scopre il ventre pingue e rotondo e i fianchi burrosi su cui è impossibile non desiderare di affondare le mani e afferrarli. Il culmine dell'oscenità è quando fai cadere ai tuoi piedi la veste da suora e mostri al crocifisso sul muro la tua bernarda gonfia come un frutto maturo e pregno di succo!
Poi immagino di essere lì a leccarti. Ti palpo le tettone e affondo la faccia nel mezzo, me le premo addosso come due osceni guanciali.
Scendo sulla tua pancia baciandola bramosamente e arrivo all'ombelico, premo la punta della lingua nell'incavo, lecco tutto intorno poi la faccio scorrere ancora più sotto, lungo il monte di Venere e ancora oltre sentendo la soffice peluria della tua fica... Mmm... E lecco ancora, fino a sentire sotto la lingua lo spacco della tua fica bella gonfia! Sento le tue grandi labbra aprirsi, schiudersi al passaggio della mia lingua sempre più vogliosa di infilarsi nella tua figona e avida di sguazzarci dentro e farmi gustare tutti i sapori della tua meravigliosa figa sempre più bagnata e peccaminosamente vogliosa delle mie leccate. Quando sollevo la bocca dalla tua fessura ho il muso imbrattato dei tuoi umori e la bocca piena del tuo sperma che ingoio dopo averlo assaporato con ingordigia. Immagino la tua fica che gronda umori come una fontana. Sfilo le dita gocciolanti e me le succhio gustandomi i tuoi sapori osceni e prelibati e ti infilo il mio cazzo duro che prende a stantuffarti senza alcun ritegno!!!
Tuo don M.
(X contatti: imperium@hotmail.it)

2
Questi sono stralci di una reale corrispondenza tra il sottoscritto e una suora di un convento lombardo.

Ti desidero, suor Sabrina, 
voglio sentire le tue tette! Ti prego fammele vedere! Sai quanto desidera la mia lingua infilarsi nella tua figa e leccartela tutta? Mmm, lo farei per ore!
Amore, mia dolce e lussuriosa sorella, mi fanno impazzire le tue tette grosse, morbidi... Due bombe di morbidezza da mordere e palpare oscenamente! Ho voglia di affondarci la faccia e succhiartele con una smodata avidità e ingordigia. Voglio attaccarmi ai tuoi capezzoli e succhiare, dissetarmi al tuo latte!

Ti amo suor Sabrina... Ho tanta voglia di te... Voglio sentire la tua lingua sul mio cazzo... Voglio sentire la tua bocca succhiarmelo...
Ho sborrato guardando le tue tette... Ho immaginato la mia sborra calda schizzarti tutta sulle belle e grosse tette... È stato bellissimo amore mio. Il nostro stato di persone consacrate non rende illecita né blasfema la nostra passione, al contrario la ammanta di benedizione, credimi! Non c'è nulla di male nel nostro amore, non permettere a degli sciocchi scrupoli di turbarti, mia bella suora porcellona, scrivimi ancora tutte quelle cose oscene che mi eccitano tanto!
Ti amo!
Tuo, don M.

Mia devota suor Sabrina, devo confessarti una voglia irresistibile venutami in testa durante la recita dei vespri... 
Ti ho immaginata in piedi, ti sollevi la gonna larga e nera della veste e divarichi le gambe offrendo alla mia vista l'oscena immagine della tua passerona pelosa sporgente fra le cosce tornite. 
I miei occhi sono immediatamente rapiti dalla lussuria e mi inginocchio dietro di te, ti allargo le belle natiche soffici e pallide e prendo a baciarti il culo e infilare la lingua nel buco e penetrarlo freneticamente, spingendola dentro più che posso. Oh, sì... ti sento ansimare mentre ti lecco avidamente, oscenamente l'ano!
Desidero leccarti la fica. Desidero l'odore della tua fica. E desidero riempirmi la bocca con il succo della tua fica!
Oscenamente tuo,
don M. 

Mia viziosa suor Sabrina,
che piacere ricevere la tua foto dalla colonia estiva. Spero ti sia riposata e ti sia concessa un bel po' di piacere, magari pensando a questo porcone di prete che è pazzo di te!
Sapessi quanto me lo fai venire duro a vederti in costume con quelle enormi tettone! Che voglia di metterci in mezzo il mio cazzo e farmi fare una bella spagnola da te!
Che eccitazione notare i tuoi capezzoli turgidi e grossi spuntare sulla stoffa del costume da bagno. Eri eccitata mentre eri in posa con le altre? Tu e due tue consorelle in posa per una innocua foto che immortala un momento di allegria e relax di tre donne sulla spiaggia della Liguria. Che belli i vostri sorrisi luminosi, eppure nel tuo ho colto una sfumatura di malizia e intrigo che associato alla vistosa erezione dei tuoi capezzoli mi fa ritenere che eri eccitata come una scrofa in calore, al pensiero che quella foto che ti stavi facendo scattare sarebbe arrivata a me. E adesso che ce l'ho davanti non resisto a non tirarmi un bel segone...
Uhmmm, i tuoi capezzoloni carnosi ed enormi come quelli delle vacche... Voglio succhiarteli!
Voglio che ti goda questi giorni di vacanza al mare, e pensa a questo povero prete che suda come una bestia in questa canonica assediata dal solleone!
Tuo, don M.

(X contatti: imperium@hotmail.it)

domenica 26 agosto 2012

Frigo bollente

Rientra dal lavoro, è stata una giornata piena e pesante, la città è ostaggio di un cielo lattiginoso e di una insopprtabile ed appiccicosa cappa di afa. 
La raggiunge in cucina, da dove la sente armeggiare con piatti e posate.
Apre la camicia mentre si avvia verso il frigo, gli orli pendono sui pantaloni. Prende una lattina e prima di aprirla se la passo sul volto, rosso e sudato come il resto del corpo. La camicia ha un'enorme chiazza all'altezza della schiena e due macchie sotto le braccia. Chiude lo sportellone e ci si appoggia cercando un pò di frescura nel rivestimento d'alluminio.
Da un lungo sorso di tè alla pesca, chiude gli occhi e la ingoia lentamente. La bevanda scivola che è un piacere, dando sollievo alla gola arsa.
Non ha fatto caso all'improvviso silenzio che regna in cucina, lei ha smesso di trafficare con le stoviglie.
Sta per riaprire gli occhi quando si sente toccare sulla patta di cotone.
Due mani, lente ed inesorabili, quelle che pochi istanti prima preparavano la cena, sbottonano i pantaloni e con movimenti graziosi liberano il membro dalla costrizione degli slip.
"...Amore, sono tutto sudato..." borbotta spiazzato, "anche li... non sarebbe meglio mi facessi prima una doccia?...". Lei non risponde, dopotutto, a volte, le parole sono il mezzo meno efficace per farlo. La vede solo infilarsi il suo cazzo sudato in bocca. Prima le labbra poi l'interno accolgono la cappella rossa. La lingua avviluppa il sesso. Lo sente crescere nel palato. Ondate di saliva lo impregnano mentre s'irrigidisce sempre più sotto la maliziosa maestria nell'alternare profonde succhiate a golose leccate, quando lo tira fuori per affondare il muso nello scroto.
I respiri sono spezzati dal sublime piacere che gli sta offrendo. 
Un "oh amore...sei stupenda..." si fa strada tra i gemiti accaldati e rochi.
Si passa, languida ed eccitata, il membro irrigidito sulla faccia. Si appoggia sulle guance l'asta calda e pulsante, impregnata della saliva che le inumidisce il viso assieme al sudore ed all'odore di sesso che aspira voluttuosa.
Ansimando si ripassa la lattina sul volto poi abbassa lo sguardo. Vede il cazzo svettare imponente sulla sua fronte poi incrocia i suoi occhi, sgranati ed assenti; rapiti dal piacere che si stanno donando. Il suo viso affonda ancora tra le cosce, un'espressione estatica mentre succhia diligente un testicolo.
Abbassa la lattina mettendola obliqua. Si stacca dallo scroto e dalla peluria nera che lo ammanta.
Un filo di bava si allunga sospeso tra quella leccornia carnosa e le labbra che, aperte, accolgono il sorso che le lascia cadere in bocca.
Le ordina di non ingoiarlo, e lei lo trattiene rinfrescandosi il palato per poi rimettersi dentro la verga. Riprende a lavorarla con ardore ed a bagnarla con la saliva a cui si aggiunge il sorso aromatico del thè alla pesca.
Succhia come un'ossessa, con le guance incavate, le labbra attaccate lungo la circonferenza del sesso, e la testa a dondolare verso il pube. Con l'asta che appare e scompare, ingoiata e risputata dalle sue fauci ad un ritmo sempre più serrato. Fino a sentire la punta arrotondata del glande sfiorarle l'ugola suscitando un conato stoicamente represso; fino a liberargli le ondate di goduria, calda e vischiosa, che avidamente si lascia defluire lungo la gola, senza perderne una goccia.
Il ritmo del suo dondolio rallenta poi fino a scemare del tutto.
Libera in un lungo sospiro tutta l'aria trattenuta nei polmoni. Ho il volto stravolto ed insieme trasfigurato, il pene completamente inzuppato, la peluria bagnata, lo scroto gocciolante ed i pantaloni afflosciati alle caviglie.
Addossato al frigorifero della cucina a soddisfare l'improvviso languorino della donna che da diligente e tranquilla casalinga si è trasformata in una impudica e trasgressiva 'femmina in calore'.
"Amore...è stata una giornata bollente...ho fatto le saune in auto. Devo farmi una doccia, urgentemente!" le ragioni dell'uomo paiono non scalfire la sua volontà ossessiva. Non ascolta neanche, rapita com'è da un solo famelico pensiero.
Lo fa girare, solleva la camicia staccandogliela di dosso ed avvicina il muso ai glutei. Si vede letteralmente addossato all'elettrodomestico. Due mani a massaggiargli le spalle con un'ardore estatico che gli fa immaginare quali parole oscene quelle dita stiano tracciando sulla pelle. Avverte un brivido caldo quando il fiato investe le natiche. Un fremito diventa scossa quando la lingua si infila, folle e galeotta, nel solco e risale lungo la schiena. Golosa e umida, bollente ed eccitata. La mano palpa avida un gluteo, un dito si insinua fino a stuzzicar l'orifizio ed una voce suadente gli sussurra, languida e minacciosa, la pazza idea di penetrarlo con un dildo.
Ha un moto d'angoscia. Lui sa quanto lei non si fermi davanti a nulla, una volta che si mette in testa qualcosa.

Furia e sapore


Entra.
Come una furia.
Irruente e selvaggia.
Giusto un attimo per percepire il suo calore rabbioso. Poi il ceffone che scuote aria e volto.
La sua mano, pesante e decisa.
Mi tocco la mandibola ed il labbro col dorso della mia e la guardo. Non c’è sangue ma… cazzo che sberla la tipa!
Con un sorriso beffardo e lo sguardo sfrontato sostengo i suoi occhi iniettati di stizza e… di una sottile malizia… quella che potrebbe mostrare guardando in faccia centinaia di persone, ma che solo io riuscirei a captare…

Il suo respiro è frenetico e rabbioso. Abbassa lo sguardo sulla scrivania. Ansima per la corsa, il rancore… e per l’elettricità che saetta nello studio.
Solleva lo sguardo e lo punta su di me, come una sfida. Non cedo, la fisso ammirato e sostenuto. Pronto.
Si china sul piano e con bracciate decise lo sgombera facendo volteggiare a mezz’aria semplici fogli e rovesciando a terra pesanti volumi, incartamenti ed un notebook.
Il bicchierone plastificato del caffè rotea su stesso. Una chiazza nera si allarga sul pavimento, imbrattando documenti e oggetti.
Disordine completo. Fuori e dentro noi.
Non ci casco.
Non reagisco.
Anzi, la guardo sprezzante e compiaciuto.
So che sa fare di meglio… E so che quelle scariche nell’aria si stanno impadronendo di noi.
Un attimo, un sobbalzo… ed è sulla scrivania. Si volta, carponi… ondeggia le anche mentre si sbottona.
Abbassa il pantalone, la culotte si appiccica alla pelle ed il sottile tessuto si fà trasparente, nella zona allagata dalla sua rabbia eccitata.
Strofino il viso sul cotone inumidito.
Annuso, ad occhi chiusi… come a volerne immagazzinare il più possibile.
E’ tesa e fremente.
Vibra di ira e passione. Calda e vogliosa. Superba ed umiliata. Affondo il volto nei suoi glutei, come uno schiavo… mentre la anniento con il mio sprezzo.
Ha la mia lingua infilata nel culo. Un muscolo elastico, viscido e carnoso che le pennella le viscere sconquassandole il corpo, fino al cervello.
Geme e si dimena. Inarca il busto, piegando di più le gambe.
Spinge con le natiche, toglie un braccio dalla scrivania e lo passa dietro. Mi afferra per i capelli, e spinge.
Il culo pulsa, irrorato di saliva e lubrificato dai suoi piaceri.
Pulsa e gode della lingua che entra e sale come un’ardita e golosa biscia in cerca di ogni umore. E che si ritrae portandomi alla bocca ogni sostanza di lei che conservo nel palato, sui denti, all’interno delle labbra. Ed assaporo, come nettare di una Dea.
La assaporo.
Ed è una droga. Non sazia mai. E ne vuole. Ancora… e ancora…
Il mio respiro le scorre sui glutei e tra le gambe, potente e caldo come un vento che brucia sulla pelle.
Le sue cosce rigate e lucide. Bagnate di follia come le sua dita che febbrili si inzuppano tra la soffice peluria della figa, grondante come un frutto spremuto.
Rituffo il viso nel solco. Le mie labbra seguono la linea del suo buco e la lingua vi rientra ed affonda, impregnata di saliva. Pronta a scivolarle dentro…
…e riprendere il suo pasto.

venerdì 13 aprile 2012

Momenti

Due brevi pensieri... per Laura.

Ti preferisco così, in gonna lunga, plissettata. O in quelle larghe e fluenti, da gitana.
Mi piace abbassarmi, nascondermi sotto il bancone e, mentre parli con i clienti, sollevartela e palpare il bel tuo culo. Pizzicarlo. Esplorarlo. Strusciarci la faccia.
Aprirti le natiche e trovare il buco, invitante ed elastico.
Allargarlo con un dito, poi infilarne un altro. Ritrarlo ed infilarmelo in bocca e succhiarlo.
Affondare le dita nei glutei e divaricarli.
Ora il buco è golosamente invitante. La lingua titilla tutt'intorno il cratere carnoso poi s'insinua dentro e sguazza. Umida, saettante, morbida come una biscia... e lecca.
E come sa leccarti... Sento i brividi salirti per la schiena. Immagino i tuoi capezzoli, duri come diamanti, premere contro il tessuto.
I tuoi imbarazzati colpetti di tosse, con cui cerchi disperatamente di coprire i sospiri ed i mugolii del piacere.
Sei penosa, eccitata. Vorresti scoppiare dal godimento, davanti a tutti.
La lingua esplora dentro di te. Si strofina alle pareti, elastiche e vischiose. Poi le labbra si chiudono intorno al buco... e succhio.
Un piccolo grumo cremoso e biancastro mi arriva in bocca. Allontano le labbra, do un'occhiata fuggente nel buco poi raccolgo della saliva sulla punta della lingua e sputo.
Senti entrare un fiotto. Per un attimo hai la sensazione di un pizzicotto, un bruciore poi la senti colare per il canale, fresca, liquida. Dannatamente piacevole.
Tornano in gioco le dita. L'indice entra, fa su e giù un po' di volte. Si aggiunge il medio. Altre penetrazioni, lente e inesorabili. Le ritiro e unisco l'anulare.
Ora una triade vigorosa che ti sfonda il culo. Un terzetto impertinente che ti trapana senza sosta.
E il liquido che cola si tinge di rossastro...
mentre il volto affonda beato nei tuoi glutei.

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Ti inchini, in mutande bianche e t-shirt rossa. Hai il mio uccello in tiro. Duro, dritto, pulsante, odoroso. Davanti il muso. Lo fissi, sollevi gli occhi e mi guardi. Un mio minimo accenno con le sopracciglia e dischiudi le labbra. Una ciocca di capelli oscilla sul tuo viso, la riporti dietro l'orecchio mentre abbassi le palpebre e mi baci la cappella, poi inizi a succhiare.
Lo lavori di lingua e labbra, di palato e di saliva impastandolo come un maestro vasaio lavora con la ceramica.
Cresce dentro la tua bocca. Si plasma, si modella sotto i tuoi abili tocchi poi si gonfia ed ha un leggero sussulto, come un cannone un istante prima di sparare.
Una sorgente calda zampilla tra le tue fauci e ti scivola in gola. Pioggia dorata che sgorga irruenta.E' tanta, e voglio fartela bere, fino in fondo. L'ho trattenuta a lungo, apposta per liberartela nel palato.
Mi eccita saperti riempita dal mio piscio.
Il tuo stomaco si gonfia come un otre. E' il tuo rifornimento. Ti darà energia, nutrimento, calore. Ne sentirai il risciacquo ad ogni movimento. Saluterai tuo marito, andrai al lavoro, parlerai con tutti delle solite cose... e avrai il ventre gonfio della mia pipì.

mercoledì 7 marzo 2012

Puttana per una sera

"Ma guardati, sembri una puttana! Non fai nulla tutto il giorno e ti fai trovare così!"
Marco era appena rientrato dall'ufficio nervosissimo e aveva gettato il mazzo di chiavi sul tavolino basso, ai piedi dello schermo al plasma. Lei lo aspettava sul divano, indossava già la vestaglia trasparente fregiata con foglie argentate e si sporse mostrando audacemente gran parte delle cosce, ben tornite e rosee, e un'altrettanto generosa scollatura. La sorpresa che voleva fargli era sfumata, dissolta dal soffio del vociare severo dell'orco. Era uscita prima dal centro commerciale, si era fermata al salone di bellezza per un bagno rilassante al siero di latte, un trattamento al viso ed un impacco con olii essenziali. Il tutto per rendersi straordinariamente desiderabile agli occhi di un uomo indecifrabile.
"Sei la mia troia! Sei più di una troia, sei la mia cagna in calore che freme dalla voglia di essere montata e riempita fin nelle viscere dallo sperma del Padrone! Sei la più volgare delle mignotte e quello dev'essere il tuo posto!" Sbraitava a labbra strette con una sigaretta in un angolo mentre si scioglieva il nodo alla cravatta. Gli si sedette accanto, si accese la Merit e tirò alcune boccate profonde. "E sia, vuoi far la troia? La farai!" La voce era dura e roca, il tono alto e profondo. E per Sabrina era sempre difficile decifrare le uscite di Marco. Capire se si arrabbiava davvero, seppur ne ignorava il motivo, o se improvvisava un gioco - come era solito fare. Qualunque cosa lo spingesse a comportarsi così lei lo amava fino al punto di farsi sua schiava, il suo giocattolo.

E si trovò, la sera stessa, su un marciapiedi a fumare e masticare scompostamente una gomma. Il peso tutto su una gamba ed una mano sul fianco sporgente. Indosso una maglietta di cotone di un colore sgargiante, leggera e molto scollata; un golfino aperto, una minigonna nera in pelle così corta che quando si chinava agli sportelli delle auto le si vedevano le mutandine. Le gambe irretite in calze a maglie larghe e, poco sotto le ginocchia, lunghi stivali neri a tacco alto.
Passeggiava sculettando assieme alle puttane abituali, nigeriane, slave, rumene, cinesi ed ai viados sudamericani. C'era, come sempre, un viavai di auto che rallentavano e uomini che contrattavano il prezzo di una sveltina, o un pompino. Le zoccole straniere mercanteggiavano mentre Sabrina, seppur spesso interpellata, aveva l'ordine di non rispondere e limitarsi ad un sorriso quasi strafottente, tirare una boccata di fumo e volgere lo sguardo altrove. D'altronde le parole di Marco erano state chiare: "Sei la mia puttana! e voglio vederti all'opera come una vera puttana! ma guai se ti concedessi ad un cliente qualsiasi! Guai, sei mia! Solo mia! E solo io posso fare di te quello che voglio! Qualunque cosa io voglia!"
Quando la Lancia di Marco rallentò accostandosi lei fu la prima ad avvicinarsi. La vide avanzare dallo specchietto, ancheggiando sui tacchi proprio come una vera puttana, e ne sorrise soddisfatto e fiero. Qualcuno, da un'altra auto, fece un fischio chiedendole al volo quanto volesse per succhiarglielo. Sabrina lo ignorò, diede un'energica boccata alla sigaretta e buttò a terra il mozzicone.
Quando raggiunse l'auto Marco le aprì lo sportello. "Brava la mia puttana, salta su." disse compiaciuto. Lei sorrise e si infilò nell'abitacolo, "Grazie Padrone, cosa devo fare ora? Ordina ed eseguirò".
"Devi comportarti da puttana! Quanto vuoi per un pompino?" Lo guardò meravigliata. "No padrone, non voglio nulla da te, non oso chiederti nulla, io sono tua.... solo tua, ed è mia premura realizzare ogni tuo desiderio! Non chiedo altro che renderti felice!"
"Allora fallo, rendimi felice. Tu sei una puttana.... una puttana che ho scelto e caricato in auto tra le tante che frequentano questo marciapiedi. Quindi ora voglio che stai al gioco. Perciò dillo....quanto vuoi per un pompino? ...O preferisci andartene ed io ne caricherò un'altra per farmelo fare?"
Sabrina continuava a fissarlo indecisa e quasi offesa dal suo gioco, sollevando la fossetta del mento ed arricciando appena le labbra. Ma d'altronde era il Padrone e lei doveva accettare ogni suo capriccio. E lo fece anche quella volta, come sempre. Accettare e assecondare le sue fantasie, e farlo con obbedienza e umiltà e godendone il frutto: un amore, quello di Marco per lei, forse discutibile ma vero e profondo,  seppur perverso.
Mise in moto e si allontanarono dal quartiere fermandosi qualche isolato più avanti. Accostò ad un incrocio dove c'era un discreto viavai di gente ed una fila di insegne illuminate di negozi ancora aperti. Quando spense il motore Sabrina si voltò guardando inquieta il suo uomo.
"Una volta mi hai detto che non l'hai mai fatto in auto, davanti la gente che passa... Non sei troia fino a quel punto, ricordo che usasti proprio queste parole." Si accomodò sul sedile portando indietro il busto e allungando un braccio sullo schienale del passeggero, "Ebbene, adesso invece arriverai a qualsiasi punto io ti voglia portare! Abbatterai ogni tuo limite per darmi quel piacere che pretendo da te! Perché io sono il tuo unico e solo padrone! Chiaro?"
"Si padrone, farò sempre tutto quel che vorrai". La sua risposta fu sussurrata, arrendevole e segnata dal vero desiderio di appartenergli. Allungò un braccio e le dita le accarezzano una guancia poi il pollice scorse sulle labbra mentre con l'altra mano Marco si sbottonò i pantaloni sotto cui si notava il gonfiore. Infilò le dita e scostando il tessuto svettò fuori oscillando un cazzo enorme e tozzo come un bastone. La cappella rotonda, lucida e rossa come un enorme ciliegia. L'asta, striata da venature, pulsava voglioso della sua bocca. Sabrina si passò la lingua sulle labbra, golosa come una bimba davanti ad un bignè poi si chinò infilandoselo in bocca.
"Oh... si fammi un pompino amore... Fammelo come sa farlo una troia..." sentì prima il morbido delle labbra posarsi sul glande e sfiorarglielo con teneri baci poi entrare ed impregnarsi nell'umidità della bocca. Lo immaginò come ingoiato da una caverna, avviluppato dalle carezze bagnate della lingua ed inondato dalla saliva.
L'ombra di qualche passante scorse sul parabrezza mentre la testa di Sabrina ondeggiava dolcemente sul pube del suo amato. Strinse il volante con una mano. Con l'altra massaggiava le spalle, il collo e la poggiò sulla nuca della donna. Lentamente ma con decisione ne accompagnò il movimento ondulatorio. Quando spinse di più sentì la punta della cappella arrivarle in gola, mentre la bocca si spalancava sempre più per accogliere l'asta. "Mmm... brava la mia troia. Succhialo e impregnalo per bene così godrai meglio quando ti sfonderò la fica ed il culo!" Il respiro affannoso di lei gli scorreva sull'inguine.

Sollevò la testa della donna ed uscì dall'auto senza abbottonarsi i pantaloni. Fece il giro salendo sul marciapiedi con il cazzo dritto e ansioso di tuffarsi nei suoi orifizi. Deciso a soddisfare quella voglia proprio lì. Le ordinò di uscire e la fece risalire subito però non seduta ma col busto in avanti, a gattoni. Così da avere il suo enorme e morbido culo appena fuori dall'abitacolo ed in bella mostra, tutto per lui.
Dopo averglielo palpato per bene le allargò le natiche e ammirò il buco. Si passò due dita in bocca per bagnarle di saliva e dolcemente le penetrò nell'ano iniziando a far su e giù. Quando fu largo abbastanza le tolse e, impaziente di penetrarla, vi infilo il cazzo. "Mmm... è fantastico sentire l'asta entrarti e aprirti le pareti carnose!" L'idea di possederla lì ed in quel modo e sborrarle fin dentro il ventre lo eccitava enormemente. Chiuse gli occhi e la sbattè senza sosta.
Sabrina, ormai calata nella parte, gemette di piacere incurante del luogo e della possibilità di essere vista. I liquidi della figa colavano sul sedile. Quando l'orgasmo si avvicinò al suo culmine Marco aumentò le ancate e nel freddo della notte milanese si sentì lo sbattere delle sue palle sui quei glutei polposi. Poi liberò una serie di schizzi che inondarono la pancia di Sabrina di tanta sborra calda.
Quando sfilò il cazzo qualche goccia fuoriuscì dall'ano e colò rigandole la pelle. Marco si abbassò, spalancò la bocca e tirò fuori un bel pezzo di lingua appiccicandogliela al sederone e raccogliendo le goccioline che scorrevano, risalì leccandole fino al buco. Poi la infilò e ne succhiò altre di sborra mescolate al suo liquido. Succhiò con gusto, ingoiò e si tirò su con un "Wow!" di soddisfazione. "Che meraviglia amore, una gran bella inculata! Sei proprio un gran troia!". Le assestò una pacca sulla chiappa e si sentì nitido il suono della mano dura sulla carne morbida e soda. "Beh, adesso alzati e aggiustati". Riprese il suo posto sul sedile, riavviò il motore e la riportò nell'appartamento.
"Ti è piaciuto amore?" gli chiese mentre si avvicinavamo al quartiere, "Oh sì Padrone, con te tutto è stupendo ed eccitante", rispose sorridente...

sabato 25 febbraio 2012

La serva (riveduto e corretto)

È una luminosa e calda mattina di tarda primavera. Isa entra nella stanza ed eseguendo l'ordine del Padrone apre le finestre.
Dal carrello prende il vassoio delle colazioni, lo sistema sul letto poi resta in piedi, immobile e compita in attesa di altri ordini. Padrone e signora si guardano negli occhi scambiandosi un cenno di compiaciuta intesa. Poi volgono lo sguardo su di lei.
La servetta indossa l’uniforme da mattina, camice azzurro, grembiule e guanti bianchi, crestina orlata di pizzo.
Continuano ad osservarla mentre portano il cibo in bocca. Isa non riesce ad immaginare cosa abbiamo in mente di farle fare quella mattina.
Il Padrone la fissa divertito. Lo sguardo profondo scruta la ragazza intimidita che ne sente addosso tutta l'intensità. Un leggero rossore le si forma sulle guance. Le pupille cercano rifugio muovendosi imbarazzate e poggiando la loro visuale sull'arredamento vittoriano della stanza, evitando l'incrocio con quelle nere e penetranti dell'uomo.
Resta immobile per lungo tempo, misera ed indifesa nella semplice eleganza di servetta.
Un lungo scorrere di secondi nel silenzio interrotto solo dal cinguettare degli uccellini che popolano la grande quercia davanti la villa, e dal tintinnio della posateria d'argento con cui i signori fanno colazione.
In quel passare di tempo ha avvertito tutta la delicatezza ma anche la decisione con cui quegli occhi la esploravano e spogliavano. Una vampata di soggezione mista a vergogna le ha ora colorato il viso di un rosso sempre più intenso.
Sente il pube pulsarle di timore e di piacere. Gli occhi del Padrone sono talmente potenti da avvertirli come dita che salgono lungo le cosce e frugano nella vagina inumidita.
Il respiro reso più denso dall'agitazione. Dall'ugola esce un colpetto di tosse nervosa. Scosta una mano che teneva dietro la schiena e si riordina una ciocca scivolata davanti la fronte.
La signora intuisce quel che avviene tra i due, ma si limita ad osservare divertita l'imbarazzo della timida servetta. Poi si gira verso il marito, che a sua volta sposta lo sguardo su di lei e nota un eloquente biricchino luccichio, la voglia di far parte anche lei del gioco. Qualunque cosa esso comporti.
La camicia da notte di seta fluente e pizzo lascia intravedere i seni generosi, lambiti dalle punte della chioma riccioluta e nera. Con la punta arrotondata del coltello il Padrone lascia un solco sulla superficie della marmellata d'arancia e glielo posa sul seno.
"Oh guarda..." parla con tono gentile ma serio.
"Sì padrone." Risponde Isa a bassa voce e la testa chinata dopo aver sbirciato quel gesto.
"Questa golosona di mia moglie s'è sporcata di marmellata. Pulisci."
"Sì padrone." Ti avvicini al suo lato del letto e prendi il tovagliolo ricamato sul vassoio.
"No cara. E' un peccato sporcare un così profumato e pulito tovagliolo. Ed è un peccato far perdere un così dolce ricciolo di buona marmellata." Poi con un tono più acuto, "Forse non ti piace la marmellata?"
"No padrone, mi piace."
"Beh, allora pulisci. Con la lingua... e le labbra... come fosse un bacio... Assapora che buona marmellata."
"Sì padrone." Si china fino a sfiorare la pelle della signora. Esita un attimo, giusto il tempo di rivolgerle un "permette padrona" e la lingua passa poi decisa sul ricciolo e scorre sulla pelle della donna, sempre più divertita ed eccitata. Levata la marmellata dal seno Isa alza timorosa gli occhi sull'uomo che la fissa imperscrutabile.
"Va bene cosi Padrone?"
"Adesso vai a preparare il bagno, riempi la vasca fino all'orlo. Sbrigati."
La servetta esce dalla stanza dopo un lieve inchino.



- Parte II -

Assecondando l'eccitazione della moglie, l'uomo infila una mano sotto le fresche lenzuola di cotone. Arriva tra le sue cosce, trova la figa già bagnata e l'accarezza lascivo. Dal languido sguardo della donna risulta evidente il desiderio di fare sesso.
Indica Isa con un enno degli occhi. Lei, di spalle, è sulla soglia della camera. L'uomo la richiama.
Al suono di quella voce si ferma immediatamente.
- Sì padrone. - Risponde senza voltarsi, i sospiri della padrona di casa le hanno fatto capire che sarebbe indiscreto girarsi.
- Isa! - Il tono ora è più deciso.
- Sì. Padrone. -
- Non permetterti mai più di rivolgermi la parola dandomi le spalle. Chiaro? - La voce è perentoria. Il rimprovero le provoca un tremito lungo la schiena. Si volta lentamente, rossa in faccia, lo sguardo chino e la mano che riporta il ciuffo ribelle dietro l'orecchio.
- Sì padrone. Perdonatemi. - L'uomo attende che la ragazza sia loro di fronte poi si porta sulla moglie, scoprendola. Nell'alzarsi fa in modo di scoprire il membro che svetta rigido tra le gambe tornite e brune.
- Bene, prepara il bagno. Lascia tutte le porte aperte. - Dopo l'ordine si dedica alla moglie che intanto ansimante pregusta la penetrazione. Le allarga bene le cosce, guida il sesso tra le grandi labbra inumidite ed inizia a dare colpi, dapprima lenti e leggeri poi a stantuffare con più vigore.
Ansima a lungo poi geme di vero piacere. La testa affonda nel morbido cuscino e le dita, frenetiche, ne afferrano i lembi.
Il tutto volutamente fatto sentire, e reso percettibile attraverso le porte aperte, ad Isa piegata sulla vasca che lentamente si riempie. Da quel punto le è possibile sbirciare il grembo della signora con i grossi seni che ballano sotto i colpi delle decise stoccate; vedere la bocca dischiusa che incita a continuare l'affondo con la voce rotta dai mugolii.
- Sì... oh, sì... così... ancora... sì... - Poi un lungo sospiro ed un gemito di soddisfazione quando vengono l'uno nel sesso dell'altra. Un lungo bacio sulla bocca poi il Padrone, nudo e col membro ancora in pieno vigore, si dirige verso il bagno ed ignorando la ragazza s'immerge nella vasca.

Isa prende la spugna ed inizia a strofinargli le larghe spalle seduta sul bordo. Il Padrone è visibilmente rilassato ed accoglie quei massaggi con piacere ma senza proferir parola. Sa bene quanto l'abbia eccitata il vederli far sesso. Lei rimane in silenzio, lavando con devozione e sperando in un ordine qualsiasi, pur di superare quella indifferenza insopportabile ostentata nei suoi confronti dall'uomo che adora.
La signora li raggiunge ed entra nella vasca. Isa inizia la stessa opera su di lei.
- Hai spiato. Sei una puttana. - Quelle parole, nette decise improvvise le gelano il sangue squarciando il silenzio nel modo che lei desiderava meno. Non se le aspettava e ne resta pietrificata.
- ...ma, padrone... io... - Le parole non hanno la forza di uscire. Affondano nella gola impastate dalla saliva. La mano si ferma. La signora, ad occhi chiusi e con un sorriso soddisfatto la invita immediatamente a riprendere il passaggio della spugna sulla schiena. Dopo un attimo di smarrimento si rimette a farlo, con il viso sbiancato come il colore della schiuma che galleggia sull'acqua.
- E' una sfacciata puttanella, la nostra serva. - Osserva lui. - Tu non l'hai notato, cara. Ma ci ha spiati... capisci? Quest'insolente e maliziosa servetta di campagna non è altro che una lussuriosa puttana infoiata di sesso. -
Un soffocato singhiozzìo proviene dal capo abbassato della giovane.
- Te lo dimostrerò - dice alla moglie, poi indicando Isa  con l'indice. - Avvicinati. -
Solleva il braccio e poggia il gomito sul bordo, gocce d'acqua cadono sul pavimento.
Lei alza la testa, gli occhi chiusi le guance rigate da due lacrime. Nel silenzio si avverte il singhiozzo di un pianto delicato e con due passi è davanti al Padrone. Resta immobile, dritta e sugli attenti come un tenero soldatino. Le braccia dietro la schiena senza nemmeno passarsi la mano sulle guance per pulirsi le lacrime. Le dita dell'uomo le sfiorano il ginocchio e già torna a scuoterla un brivido che aumenta man mano che le scorrono tra le cosce. La mano s'infila sotto l'orlo del gonnellino passando e ripassando sulle mutandine di seta. Ne sollevano il bordo insinuandosi nella leggera e soffice peluria, incontrando il suo umido e sfrontato piacere. Due dita entrano tra le grandi labbra mentre il pollice stuzzica il clito che prende durezza.
Sotto i sapienti tocchi languidi la figa irrora i suoi umori ed ai singhiozzi piagnuccolosi si alternano, e poi sostituiscono, i sussurri ed i gemiti del piacere.
- Visto cara? è bagnata come una cagnolina in calore... e senti come geme... l'impudente puttanella si è eccitata guardandoci scopare... -
- Mmm... allora perchè non regalarle un altro pò di divertimento... - Suggerisce sorridendo maliziosa.
Immersi nella schiuma, uno di fronte all'altra. Le mani della donna sprofondano sotto la superficie e dopo un pò affiora prima la cappella rossa poi l'asta guidata in direzione del volto e tenuta ferma dalla base, sommersa. Si sporge in avanti e se lo infila in bocca iniziando a succhiarlo con golosità mentre lui continua a sfregare la vulva.
- Anzi - risponde alla moglie - perchè non mostrarle la nostra magnanimtà e farla partecipare? -
Intanto le preme col palmo sulla nuca e spinge, invitandola ad infilarsi più carne dentro la bocca.


- Parte III -

Nel frattempo Isa continua a lavare. La signora si stacca dalla cappella, si passa due dita sulla punta della lingua per levarsi un pelo e riprende il sublime lavoretto.
Dallo sguardo della serva è palese la voglia d'essere al suo posto... di dare piacere al padrone e riceverne il nettare in premio. Ma deve restare lì, guardare in silenzio, aspettando di vederli godere.
Lotta per soffocare i mugolii procurati dal costante lavorìo delle dita, che ora entrano con facilità nella vagina intrisa di goduria. Sul viso si disegna l'espressione del piacere, il labbro inferiore pizzicato dagli incisivi nel cercare di frenare i languidi sospiri.
E' al culmine dell'orgasmo, e sotto il sapiente tocco dei polpastrelli si piega in avanti per liberarlo meglio.
Ora lungo le gambe scorrono righe luccicanti a segnare i confini della lussuria proibita. Si china poggiando una coscia sulla vasca. La bocca si spalanca liberando il gemito dell'apoteosi e... proprio allora si ferma. Crudele, sadico come sa essere un vero Padrone. Le impone con voce decisa e autoritaria di non rilasciarlo.
- Non venire! - ordina con freddezza. - So lo fai sarai punita. Ora vai dalla signora. -
Isa si rialza a fatica e si sposta alle spalle della signora, intenta ad insalivare per bene il turgido uccello. 
Il Padrone le allontana la faccia dal sesso, chiedendole di girarsi. Lo fa lentamente versando dell'acqua per terra. 
- Levati il grembiule, solleva la gonna e sfila le mutandine. - ordina.
- Sì padrone. -
- Bene, passamele. -Si sporge sul bordo, lui le prende e se le passa più volte sul viso. Le annusa poi le lecca.
- Mmm, sono fradicie del tuo umore... sei proprio una sgualdrina!-
- Padrone, perdonatemi. E' vero, sono una sgualdrina. - Continua ad assaporarle poi le passa alla moglie.
- Tieni. Assaggia, senti come godeva la nostra impudente serva. -
- Mmm, è vero... è proprio una sfrontata puttanella. - attesta portandosele al viso, poi aggiunge. - Adesso godrà fino in fondo. -
- Tieni la gonna sollevata, siediti sul bordo ed allarga bene le cosce. - Segue l'ordine del Padrone.
- Bene, - interviene la signora. - Vediamo quant'è succosa questa figa... - avvicina la bocca alla vulva ed inizia a leccare. Le dita mantengono allargate le labbra e la sua lingua penetra offrendo altri gemiti e piaceri alla ragazza.
La signora è piegata in avanti. Da le spalle al marito che ne approfitta per delle decise palpate al sedere immerso nell'acqua. 
Esplora, trova il buchino, lo allarga infilandoci prima una poi due dita. Poi guida il membro e glielo metto dentro. E' enorme, le fa male. All'inizio grida interrompendo la leccata, poi aiutato dal sapone sciolto nell'acqua il buco si allarga e la verga entra ed esce con facilità.
La penetrazione anale è accompagnata da insulti e dall'ondeggio di nuvole di schiuma ed acqua che strabordano sul pavimento, formando chiazze scivolose e lucide sulle piastrelle color cobalto striato.
La moglie si muove sinuosa armonizzando l'andare del bacino, che assorbe i colpi del suo uomo, col movimento di collo e testa nel leccare golosa la passera di una serva sempre più in balìa dei suoi padroni. Sospira e geme a gambe aperte, incredula e felice di tanta attenzione.
-Mmm prendete... troie. Siete due grandi troie... le mie troie...-
Il menage  continua fino a liberare un nuovo getto di sperma nel ventre della moglie. Poi si alza ed afferra l'accappatoio negando l'ardita richiesta della serva di riceverne alcune gocce sulle labbra.
- Non l'hai ancora meritato.- Commenta freddamente mentre si dirige nel soggiorno. - Servi la signora.-

mercoledì 5 ottobre 2011

S. Valentino

San Valentino stava trascorrendo, come un giorno qualsiasi.
Anzi no, inutile nasconderlo, è un giorno di merda. Di merda, per chì lo passa da solo, come me, Il mio trenquattresimo San Valentino a spararmi seghe sborrando sul poster della pornostar di turno su "Playboy". Già. Le ho sborrate tutte, ''miss gennaio 89'', ''febbario 92'', ''maggio 95'', ''ottobre 2000'' e chissà quante altre...
Gli anni migliori passati a menarmelo di brutto...quanta solitudine, quanta rabbia in quelle mani chiuse ad impugnarmi l'arnese e a sbatterlo con colpi decisi, strattoni, gli occhi sbarrati, le labbra prese tra la morsa dei denti e la smorfia di dolore, di piacere, colpi continui, decisi, forse crudeli, fino a sentirmi salire lo sperma, salire veloce ed accumularsi alla cima della cappella chiusa da due dita per aumentarne la potenza, fino al momento di liberare il mio liquido che schizza fuori come champagne a cui viene tolto il tappo dopo essere stato agitato a lungo, ed il getto caldo che inonda la carta lucida e patinata delle riviste porno. E restare alcuni minuti a riposare, col pene sfiaccato e dolorante e le imprecazioni, contro il mondo intero.
E così anche oggi. Ho un tale giramento di coglioni che vorrei girare per strada e vedere tutti litigare. Resto in casa, c'è qualcosa, un presentimento che mi dice che oggi sarà diverso, ho voglia di stravolgermi, di fare una pazzia.
Come accade spesso, la sera invito tre quattro amici per un dvd porno, una pizza ed una "fumata".  Ma stasera, naturalmente, sono occupati...
Solo uno è libero, sfigato come me.
Ci penso e ci ripenso, l'idea mi eccita, mi piace, e poi, soprattutto, voglio farlo perché, è la sera giusta, di quelle sere che vuoi fare cazzate.
Ci chiudiamo in camera, pizza e solite chiacchere spettettegolando sul gruppo: "cazzo, hai visto oggi che spacco la Sonia!".
"E la Carla? che troia! Secondo me il marito lo sa e ci gode. Anzi, li filma pure poi si masturba guardando la moglie farsi inculare da Bruno e col bastone di Sergio in bocca, mmm...".
Sono i nostri soliti discorsi, ma questa sera è speciale, li faccio apposta, voglio 'prepararlo', stimolarlo, farlo eccitare. Io sono pronto, ho i coglioni gonfi di rabbia...e di sborra pronta ad esplodere.
''È il momento''.
Il film scorre su una ucraina biondissima, occhi di ghiaccio, seni sodi, gambe lunghe, liscie, corpo statuario, fica rasata, troppo perfetta, spompina la perna di un negro, un bastone lungo venti, venticinque centimetri...
Allora agisco, mi infilo la mano nei jeans, tiro fuori il cazzo e me lo meno con dolcezza e calma. Alternando i ritmi.
Lui è a pochi centimetri, guarda sbalordito, sbalordito ed eccitato.
Siamo entrambi depressi, frustrati, è il momento giusto. Io lo guardo mentre continuo a menarni un affare che ha prende sempre più coraggio, forza, vigore, lo meno facendolo penzolare a destra e sinistra.
Con la voce flebile e ansimante di chi è in piena estasi, gli sussurro: "Dai, anche tu, dai, che cazzo ti frega, siamo soli..."
Il mio cazzo continua ad irrigidirsi e i miei poderosi colpi lo fanno oscillare come una grossa canna sbattuta dal vento.
L'amico lo guarda, leggo di tutto nei suoi occhi: stupore, paura, ma anche eccitazione, io sono deciso a tutto, non torno indietro: "O la va o la spacca...".
Mentre con una mano continuo a pompare l'uccello, prendo dei respiri più profondi, e continuo ad ansimare per fargli capire che sono supereccitato; con l'altra mano mi avvicino a lui, la faccio lentamente camminare fino alla sua cinghia, ed inizio a slacciarla, poi, uno alla volta, con fare da 'gentildonna', prendo a sbottonare. Appena si aprono fuoriesce il tessuto degli slip, un gonfiore li spinge all'esterno dei pantaloni...cazzo! Anche lui è eccitatissimo!!! Lo vuole!
Ormai e fatta! Ora viene il bello! Lui pensava ad una semplice sega tra compagni (chi non l'ha fatto, ai tempi dell'adolescenza), no cazzo, troppo facile così, troppo banale e troppo, innocente. Io voglio di piu.
E così, con lentezza, mi lascio scivolare giù dal divano. Sono in ginocchio davanti a lui, mi avvicino e mi sistemo tra le sue gambe, aperte.
Questa serie di movimenti l'ho fatti senza smettere di masturbarmi, ora con dolcezza infilo le dita nei suoi slip. Vi entro, esploro, incontro della peluria, ci gioco un po' , l'accarezzo.
Scendo. Il suo cazzo è durissimo, rigido. Lo afferro, lo tiro fuori. È un bel pene, non dotatissimo, ma ben scolpito, con una vena che lo percorre disegnando una traccia ramificata...
È il mio momento. Mi avvicino, godo, lo annuso, mi eccita (il cuore mi batte a mille), me lo passo sul volto, lo voglio sentire, me lo passo sotto gli occhi, sul naso. È sudato, pulsa, emana uno strano odore, un odore incredibile, irresistibile.
Lo bacio, lo riempio di baci, dolci, soffici, teneri. La mia lingua lo 'perquisisce', da un punto all'altro.
Poi, finalmente, apro la bocca, e me lo infilo, dentro.
Lui gode. Lo sento. Godo anch'io.
Mi sento una regina. Ora capisco ''l'onnipotenza'' che provano le donne quando dominano (se ci sanno fare) i loro uomini attraverso i pompini, Adoro fare pompini, è un'arte, prima d'ora non l'avevo mai fatti, eppure l'ho sempre sognato...
Continuo a pompinare. Vado su, giu. a intervalli mi fermo, raccolgo saliva che poi faccio colare dalla bocca sulla sua cappella sul buchino. Poi mentre gli cola giù lungo il cazzo, la inseguo con la lingua fino a raggiungerla e spalmargliela. E quando il 'giochino' non riesce bene, allora interviene la mano a raccogliere la saliva dispersa e con un massaggio la stende dappertutto. Mi eccita e da i brividi l'idea che la mia saliva sia sparsa dappertutto. Sul suo cazzo, sui suoi coglioni, sulla sua peluria...
Durante tutto questo 'gioco', io intanto continuo a segarmi con la destra, ed anche il mio è duro e dritto come un bastone.
Mi reinfilo il suo cazzo in bocca, stavolta deciso all'assalto finale. Prendo il ritmo, prima lento, delicato, poi, come il salire di una sinfonia, sempre più deciso, crescente, su e giù, avanti e indietro. I suoi gemiti diventano sempre più forti, languidi. Io pompo, pompo, pompo, sìììì! Voglio pompare lo voglio!!!! voglio tutto il suo cazzo dentro!!! vorrei avere una figa!!! voglio provare il piacere si sentirmi penetrato! voglio sentire la sborra che esplode e si libera dentro di me!!!!
Pompo e serro le labbra, voglio farmi sborrare dentro, sborrare in bocca e godere di ogni sua goccia, Mi piace il sapore dello sperma. Finora ho sempre e solo provato il mio. Ora voglio il suo, voglio quello di tutti.
Sento che arriva, lui mi avverte con un gemito più lungo dei precedenti, quasi un sospiro liberatorio. Io mi preparo. Arriva a ondate, prima un getto leggero, poi uno più denso, a quel punto capisco che non devo smettere perché è il momento in cui può liberarsi la sborrata più importante, affretto la pompata e stringendo le labbra e le guancie aspiro e succhio come se avessi in bocca una canna. Mmm, e che canna! La succhiata funziona, un'enorme sborrata mi invade la bocca. È meravigliosa, calda, con quel caratteristico denso, cremoso.
La vogliio tutta, la assaporo, la gusto.
Ad un tratto ho un senso di vomito. Nò, non devo. Devo resistere. La voglio tutta. Non riesco, per un attimo mi si apre la bocca, non resisto. Ho un rigurgito. Dello sperma mi esce colando sul suo cazzo.
Sono stremato. Il senso di vomito è passato, con calma ingoio tutto il liquido che ho in bocca. Poi lecco quello che cola lungo il pene. Il suo pene dopo l'orgasmo è fiaccato. Lo vedo sgonfiarsi. Lo copro di baci e sorrido. Soddisfatto, vittorioso, ho ottenuto quel che volevo. Glielo rimetto negli slip.
Resto lì, in ginocchio ai piedi del divano. Passano minuti di silenzio, di imbarazzo. Poi lui si alza, se ne va.
Non una parola. Forse mi odierà, non mi vorrà più come amico. Però so che gli è piaciuto, che ha goduto. Prima che esca dalla mia stanza gli dico (con coraggio, orgoglio e senza ipocrisia) che è stato meraviglioso. Non risponde, tornerà?

Ora sono solo. Sono rimasto così, buttato a terra, il cazzo in mano, il pavimento d'un tratto diventa gelido, ho freddo. Continuo la mia sega. Mi rimetto l'uccello dentro boxer e jeans. Mi piace impregnarmi gli indumenti, mi piace sentirmi bagnato. Tiro fuori la mano, lecco tutto lo sperma tra le dita. Mi infilo sotto le coperte. Sento addosso tutti gli odori, riassaporo tutto ciò che è rimasto intriso sulla lingua. sono solo, nel mio letto. Mi raggomitolo. Mi copro fin sopra i capelli,

Scende una lacrima...